È andato in scena l’8 marzo al Puccini di Firenze “I monologhi della vagina” di Eve Ensler, (regia Massimo Alì, aiuto regia Leonardo Venturi), con le attrici della compagnia “Teatro a Manovella” Chiara Fenizi, Anna Manuelli, Enrica Pecchioli, Vania Rotondi, Valentina Testoni.
È uno spettacolo accessibile alle masse che affronta, in chiave ironica, la tematica, evidentemente ancora intesa come un tabù, dell’organo sessuale femminile. Ci si concentra sul ciclo vitale della donna, dalla scoperta del proprio corpo, alla prima mestruazione, al rapporto col sesso e con l’autoerotismo.
Le attrici dimostrano grande preparazione e trasposto, si alternano sul palco con i loro monologhi e i loro personaggi/macchiette, sempre soft e mai volgari, trovando terreno fertile nella platea dall’altissima percentuale femminile.
L’opera è brillante e coinvolgente, i testi frizzanti offrono svariati spunti di riflessione; i “Monologhi” si sviluppano intorno agli argomenti naturalmente associati alla vagina (sesso, mestruazioni, parto) come a quelli, dolorosi e scottanti, dell’attualità (violenze, pulizia etnica). Ma cercano anche di dare una risposta a domande più fantasiose: “Se la tua vagina parlasse, cosa direbbe?“; oppure: “Se la tua vagina si vestisse, cosa indosserebbe?“.
In seguito ad un’analisi critica e approfondita, la pièce non può che provocare rabbia e scoramento. È possibile che per parlare apertamente di “Vagina”, una delle tante e tante parti del corpo umano femminile, sia ancora necessario ricorrere a questi mezzi?
Il Puccini è divenuto luogo emancipato, privo di restrizioni, nel quale le donne si sono potute sentire svincolate dai limiti imposti della società fallocentrica.
È triste come un testo di denuncia, ironico, profondo e diretto, scritto Eva Ensler nel lontano 1996, sia ancora talmente attuale e coinvolgente, e ancor più triste è esser consapevoli di quanto si necessiterebbero ancora tante proposte teatrali e culturali in generale, di questo tipo.