È inutile dirlo. Pensiamo sempre che siano più bravi gli americani. Eppure, quando noi italiani abbiamo il coraggio di credere nelle nostre potenzialità, i risultati sono spesso sorprendenti. Succede non di rado anche nello spettacolo. Anche nel musical. Ed è successo giovedì 19 ottobre al Teatro Carlo Felice di Genova con la prima di “West Side Story” che ne ha inaugurato la stagione. Sì, perché il sovrintendente del Teatro dell’Opera genovese, Maurizio Roi, è stato coraggioso. Di un tipo di coraggio non così frequente nel capoluogo ligure. Ha avuto, cioè, il coraggio di osare. O, semplicemente, di offrire un’alternativa, di proporre un’opportunità diversa.
In un periodo storico – potremmo dire – in cui in Italia si fa di tutto per porre ostacoli alla cultura, Roi ha voluto chiamare a teatro prima di tutto coloro che, probabilmente, non hanno molta familiarità con il genere operistico. Penso a tanti giovani, ad esempio. Ma ha chiamato soprattutto gli innamorati del musical: “Al Carlo Felice? Sei sicuro? Un musical?” e ancora “Libretto? Orchestra e coro del teatro? Come è possibile?”. I dubbi che qualcuno esprimeva nei giorni scorsi leggendo un titolo quanto meno insolito in cartellone, giovedì sera si sono volatilizzati in un turbinio di suoni e di festa, mentre la città poteva godere, prima dell’inizio e dalle stesse terrazze del Carlo Felice, dei giochi pirotecnici che sovrastavano la centralissima e gremitissima Piazza De Ferrari, dove le celebri melodie di “West Side Story” nate dal genio di Leonard Bernstein si mescolavano a dell’ottima focaccia al formaggio.
Chissà se qualcuno avrà leggermente storto il naso (nella circostanza forse dovrei dire “mugugnato”) nel leggere l’elenco dei ventisette performer di questa edizione del più famoso musical di Broadway (edizione rinnovata ma fedele all’originale e creata esclusivamente per Genova), tra i quali è davvero impresa ardua trovare un nome non totalmente italiano. Beh, non penso proprio. Se non altro perché i genovesi – si dica quel che si dica – sono molto coraggiosi. Ma anche perché, come scrive Federico Bellone nelle sue note di regia, questi nomi rappresentano “una recente generazione di interpreti che sono il top del Teatro Musicale nostrano”. E allora è sorprendente (l’avevo detto all’inizio, ricordate?) lasciarsi trascinare dalle capacità e dalle grandi doti soprattutto vocali dei due protagonisti, Tony e Maria. Ed è davvero piacevole scoprire che, americano lui e portoricana lei, rispondono ai nomi italianissimi di Luca Giacomelli Ferrarini e Veronica Appeddu. Che Riff, il leader dei Jets, all’anagrafe fa Giuseppe Verzicco, mentre Bernardo, a capo degli Sharks, nella realtà è Salvatore Maio. Ma non sorprende – ed è questo ciò che conta – che a fine spettacolo i duemila spettatori di un teatro gremito rivolgano unanimi i loro applausi e consensi a tutto il cast, omaggiando, in particolar modo, colei che nello svilupparsi della storia ha rivelato una grinta straordinaria: Anita, ovvero Simona Di Stefano, che molti ricorderanno proprio a Genova l’anno scorso, nei panni della dolce e ribelle Maddalena di “Jesus Christ Superstar”.