Mario Minarini, classe ’70, nato a Firenze, è un pittore che fa rivivere il rinascimento della tradizione pittorica fiorentina. Inizia la sua formazione artistica studiando l’oreficeria all’Istituto d’Arte di Firenze dove si diploma nel 1989. Antica tradizione fiorentina, l’oreficeria è una sorta di pietra miliare nell’educazione artistica dei pittori e scultori toscani e fiorentini in particolare. Da sempre ispirato dai Macchiaioli, predilige la pittura ad olio e dipinge su tavola. Minarini studia poi la tecnica della pittura ad olio presso il maestro Alessandro Berti e la figura alla Scuola libera del nudo all’Accademia di Belle Arti di Firenze sotto la direzione di Sandra Batoni, e nel 2005 si inserisce nel gruppo G.Mazzon dove conosce Osvaldo Curandai, artista con il quale si perfeziona. Numerosi i riconoscimenti e le personali o collettive in Italia e all’estero, come in Inghilterra e Messico. Nel 2008 vince il “Fiorino d’Argento” nell’ambito del Premio Firenze, cerimonia tenuta nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio, con l’opera “Manichino Uomo”. Amante dell’arte in molti sensi, tra cui la poesia. Si potrebbe aggiungere molto altro. Ma lasciamo che siano le sue parole a raccontarci qualcosa in più.
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Ci vuoi raccontare di cosa parla un tuo ultimo lavoro artistico e come si inserisce nel tuo percorso?
Ho dipinto un leopardo che esce dalla foresta pronto a saltare addosso alla sua preda…Ho sempre amato gli animali e in passato gli ho dedicato una mostra di gran soddisfazione per me, ma questa opera che in verità si discosta dalla mia produzione attuale, nasce dal desiderio di polemizzare con l’imperante moda del leopardato che da tempo si vede in giro…Borsette, scarpe, magliette, e ora immancabili pure le necessarie mascherine….La trovo volgare e irrispettosa, l’uomo pensa di fare quel che vuole della natura ma il mio leopardo sembra dirgli: Dai, se hai il coraggio vieni a prendermi..È un opera che sottolinea quanto lo sfruttamento indiscriminato da parte nostra di ogni risorsa naturale sia ormai intollerabile. È la simbologia che sta dietro il fenomeno del leopardato a darmi fastidio.
C’è un altro dipinto a cui sei particolarmente legato, anche non tuo? E perché?
C’è ne sono tanti, come si fa a rispondere? Si potrebbe dire che ogni epoca della vita ha il suo quadro! Ad esempio mi ha accompagnato a lungo un opera di Magritte dal titolo “La condizione umana” a quel tempo mi parlava molto anche di me del mio percorso e così tanti altri quadri ogni volta importanti. Ma vorrei qui citare un piccolo quadro che mi sta vicino al cuore direi. Si tratta di “Via Piagentina” di Telemaco Signorini. Il quadro davvero fiorentino in tutto, oltre a piacermi tantissimo per la dolcezza della scena è particolarmente interessante per me in quanto ritrae via Piagentina com’era un secolo fa e si dà il caso che io abbia abitato pressoché nello stesso luogo negli ultimi due anni. Beh inutile dire che differenza si può cogliere tra le due situazioni, niente dell’idillio ritratto nel quadro sopravvive oggi e direi che questo mi ha incuriosito e onestamente immalinconito un po’. Non che per forza si debba guardare sempre al passato come fosse un tempo migliore ma devo dire che ogni giorno mentre stavo in coda in macchina per via Piagentina quell’immagine mi tornasse in mente.
Qualche riconoscimento, anche personale, di cui vai fiero?
Ma, è per fortuna difficile rispondere, ho avuto molti riconoscimenti Comunque penso che la mostra che ho fatto a palazzo Medici Riccardi la casa di Lorenzo il Magnifico, che dedicai a Firenze… Beh, per un fiorentino…
Quale peso o responsabilità credi che abbia la cultura nella società di oggi?
Purtroppo come peso non penso molto ma responsabilità invece si molta. Gli artisti sono chiamati comunque ad alzare la voce sui temi del contemporaneo anche se c’è poco ascolto. Purtroppo mi pare che invece sono troppo spesso impegnati a guardare al mercato più che impegnarsi sui temi importanti.
Il personale rapporto di ispirazione che hai con Firenze è cambiato nel tempo?
Tutto cambia nel tempo inevitabilmente certo ma Firenze rimane sempre e comunque la mia musa. La bellezza del suo paesaggio resta e mi ammalia ancora anche se non posso negare che con il crescere della consapevolezza capita avvolte di detestarla, sa essere molto “matrigna” con i suoi figli specie se vogliono fare gli artisti. È una realtà dove è molto difficile fare il pittore per tanti motivi. Comunque si, è la fonte primaria della mia ispirazione.
Cosa pensi della collaborazione e della condivisione tra artisti e scrittori?
Ci ho sempre creduto e vi ho sempre attinto. Ho realizzato tanti eventi dove le arti si incontravano e è stato sempre meraviglioso. Ho vissuto di questa energia, della letteratura della musica! Le arti devono incontrarsi e fare fronte comune donando così a tutti un pizzico di bellezza in più e penso che oggi ci sia un disperato bisogno di questo.
Parlando dei tuoi maestri ricordi un loro insegnamento? Come mai proprio questo?
Mamma mia se ne ricordo! Giuro che potrei citarne tanti i più diversi ma quando ho letto questa domanda me ne è venuto subito in mente uno e di quello dirò. Ho avuto un grande Maestro che era persona non di grandissima cultura ma che secondo me oltre a essere un pittore superbo era una persona dal grande spessore umano, Osvaldo Curandai. Tra le tante cose che ti diceva, in un fiorentino da vernacolo stupendo, quando gli dicevi quanto era bravo quanto ti piaceva il suo lavoro lui ti rispondeva con vera modestia “io fo icche fo!” Questo perché dovrebbe essere un insegnamento? Dovremmo tutti maturare una consapevolezza del genere, ognuno “fa i che fa” dovremmo essere contenti del nostro fare artistico a prescindere dal risultato puramente tecnico. Non sono Raffaello? Pazienza, ma quello che ho fatto è qui davanti a me sulla tela e questo è il valore più grande.
Chi sono i tuoi riferimenti artistici in generale, italiani e non solo?
Il fatto è che sono tanti, difficile comunque non citare il movimento dei nostri Macchiaioli che se sono lontani nel tempo sono di sicuro vicini alla mia anima ma anche un pittore come Giorgio Morandi direi. Poi molte manifestazioni delle avanguardie artistiche e suoi precursori uno su tutti Vincent Van Gogh, si mi hanno sempre affascinato. Il fatto è che ho molto amato la storia dell’arte fin dai tempi della scuola.
Sicuramente i lettori di Teatrionline vorranno sapere: qual è il tuo rapporto con il teatro?
Vorrei andarci di più, certo che con quello che è successo con la pandemia ecc negli ultimi tempi non è stato sicuramente possibile. Mi fanno soffrire le notizie che arrivano riguardo la crisi dei teatri in Italia è un po’ ciò che si diceva a proposito della scarsa attenzione delle istituzioni in fatto di cultura. Ci vorrebbero adeguati finanziamenti, aiuti concreti, attenzione massima per il teatro che in realtà è così centrale nella nostra storia.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho realizzato molti eventi e tenuto tante personali adesso però non ho voglia di pensare a progetti precisi per il futuro ho voglia di farmi portare dalla corrente per vedere dove vado a parare. Cosa dipingerò domani? Magari un quadro nuovo che non mi aspettavo uscisse fuori, con colori nuovi dandomi un’emozione nuova non so. So però per certo che questo ultimo periodo che abbiamo tutti passato così particolare c’entra qualcosa in tutto questo. Ho avuto il tempo di pensare un po’ come tutti, di sperimentare una dimensione del tempo diversa e ne sono uscito forse diverso.
Mario Minarini è un pittore che fa rivivere il rinascimento della tradizione pittorica fiorentina.