Verusca Costenaro, veneta di origine, è una poetessa colta, sensibile, dallo sguardo smisurato, ha gli occhi della poesia. Al momento vive a Firenze, dove insegna e scrive, in italiano e in inglese. Ha pubblicato “La misura che non si colma” (LunaNera, 2013), la plaquette “Senza il sogno e con la pazienza” (Le Murate, 2017) e “Sofia ha gli occhi”(Interno Poesia, 2018). Le sue poesie appaiono in numerose riviste e antologie, italiane e americane, ed hanno ottenuto menzione speciale in vari Festival e Premi letterari, tra cui il Festival DialogArti, il Premio Letterario San Domenichino, il Premio Internazionale di Poesia Leopold Sedar Senghor, il Premio di poesia e prosa Lorenzo Montano, ed il Premio Internazionale di Poesia Don Luigi Di Liegro. Come traduttrice ha curato la raccolta Canto Mediterraneo di Nathalie Handal (Ronzani, 2018). Instancabile promotrice culturale, scrive sul suo blog www.biocaffeina.it e per la rivista di letteratura El Ghibli, http://www.el-ghibli.org/author/verusca/. Si potrebbe aggiungere molto altro. Ma lasciamo che siano le sue parole a raccontarci qualcosa in più.
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Ci vuoi raccontare di cosa parla questo tuo ultimo lavoro letterario, Sofia ha gli occhi?
Sofia ha gli occhi raccoglie circa 10 anni della mia vita, da inizio 2009, quando mi sono ritrovata, un giorno a Dallas, in Texas, dove stavo facendo ricerca, ad accendere il PC, con l’intento di scrivere la tesi di dottorato, e finire invece per scrivere la mia prima poesia, in inglese. La prima di 80! Una volta rientrata in Italia, ho preso a scrivere in italiano. Sofia sono io che mi sposto a vivere in varie città, cambiando 10 case in 10 anni, incontrando persone che mi sono rimaste nel cuore. È anche un esperimento linguistico: fare autobiografia in versi in modo inedito, con poesie scritte soltanto alla seconda e terza persona singolare, tramite un personaggio fittizio, quasi da prosa, che in realtà dalla prosa è preso, dato che è la protagonista di un libro di Paolo Cognetti.
C’è un altro libro a cui sei particolarmente legata, anche non tuo? E perché?
Come accennavo, sono molto legata a Sofia si veste sempre di nero di Paolo Cognetti, perché mi ha ispirata a scrivere Sofia ha gli occhi. Un giorno ero seduta al PC, e mi sono “arrivati”, dal nulla, come sa fare la poesia, dei versi che descrivevano una donna inquieta a Milano: era decisamente la Sofia di Paolo Cognetti, che si sente in gabbia nella periferia milanese e sogna di volarsene in America a fare l’attrice. Un’anima sensibile, alla ricerca di sé. La sua Sofia è finita in una mia poesia, e lì è rimasta, protagonista delle poesie successive. Quando ho avuto modo di raccontarlo a Cognetti, lui mi ha risposto con queste parole, che mi hanno emozionato molto: «Mi sembra un bellissimo regalo quello che mi hai fatto: che Sofia continui a esistere nei tuoi pensieri, che l’incontro con lei abbia generato nuove poesie. Hai capito, quella vagabonda! Non smette mai di spezzare cuori in giro per il mondo.»
Essere traduttrice incide anche sulla tua visione e sensibilità nello scrivere poesie?
Pur essendomi formata per fare la traduttrice, non ho mai tradotto fino a quando mi è capitato, qualche anno fa a Firenze, di conoscere Nathalie Handal, di sentire una forte connessione con lei e le sue poesie, e di proporle di ricavarne una raccolta, la prima ad essere pubblicata in Italia per la Ronzani Editore, nel 2018. In riferimento alla tua domanda, a me capita il contrario: scrivere poesie incide sulla mia visione e sensibilità nel tradurre. Mi aiuta, perché credo di avere una percezione sonora “affinata”, abituata al respiro poetico, che mi permette di “sentire” se ho trovato o meno il “giusto” ritmo poetico in traduzione.
Quale peso credi che abbia la cultura nella società di oggi, anche alla luce di cosa sta accadendo?
La cultura diffonde conoscenza e bellezza, dà gioia, sollievo. Il mondo può essere sul punto di crollare, o, come ora, in preda a una forza temibile per tutti noi. Ma se pensiamo alla cultura, che c’è comunque, non ci nasce un sorriso sul viso? Nonostante lo scarso impegno politico nel sostenere la cultura, sono grata alle piccole e grandi realtà che stanno andando avanti con i loro mezzi. Come quelle compagnie teatrali che si sono inventate spettacoli a domicilio, portati direttamente nelle case della gente, rispettando le norme di sicurezza. O quei cinema che propongono la programmazione in streaming. Cose così, mi danno speranza: niente potrà fermare la cultura, sarà sempre in grado di re-inventarsi!
Quale rapporto hai con la città nella quale vivi e con le tue origini, anche come fonte di ispirazione?
Ho un rapporto molto particolare con le città: per me sono al pari di esseri viventi. E dato che ci voglio andare d’accordo, il luogo in cui vivo è fondamentale. A Firenze ci sono capitata 4 anni fa per restarci 1 mese, per fare un lavoro che non faccio più. Non me ne sono più andata: da subito ho sentito una connessione con questa città. A Firenze devo molto, sul piano dell’ispirazione e della scrittura poetica e professionale. Non so ancora se sarà la città in cui mi fermerò. Le mie origini sono a Marostica, in provincia di Vicenza. Con il Veneto ho un legame forte perché ci vivono i miei genitori e le mie sorelle, alcuni dei miei amici più cari, e perché i miei 10 anni vissuti a Venezia hanno plasmato la donna che sono. Le mie origini finiscono nei miei versi sotto forma di ricordi, della bambina che ero, timida e sognatrice, della giovane inquieta e curiosa, desiderosa di uscire dalla bolla protettiva dell’adolescenza, ed esplorare il mondo.
Cosa pensi dei nuovi modi di promozione e diffusione della cultura, social media in particolare?
I nuovi modi di fare e promuovere cultura, nati durante il primo lockdown, mi affascinano. Mi piace il fatto che la cultura non si sia fermata davanti alla chiusura di librerie e luoghi in cui normalmente viene diffusa, né al nostro isolamento dentro le case. Mi dà l’idea di una corrente d’acqua trascinante, impossibile da fermare. Dunque, lo scorso marzo ho apprezzato la nascita di eventi legati alla letteratura ed editoria – come presentazioni di libri su FB. Ricordo che all’inizio non me ne volevo perdere una! Mi sembrava un dono grande riuscire a seguire eventi in ogni città d’Italia, dentro librerie dove difficilmente sarei capitata dal vivo. Ecco, questo lo trovo un aspetto molto positivo, che credo continuerà, oltre la riapertura dei luoghi della cultura.
Parlando dei tuoi scritti ricordi un passo a memoria? Come mai proprio questo?
Le mancava la capacità di restare. / Ma le volte che restava, / restava tutta.
È riferito a Sofia-me. La tematica del restare, del mettere radici, anche solo per un po’, per me è cruciale. Con questi versi, rivelo il mio animo nomade, il desiderio di spostarmi di città in città, ma di vivere, comunque, ogni luogo, con il massimo di intensità, dedizione e curiosità. Una città in cui finisco a vivere, cerco di sperimentarla tutta, conoscerla ed esplorarla, girandola fin negli angoli più nascosti, frequentandone i luoghi della cultura, soprattutto. Fino alla tappa successiva. Vivere così non è sempre facile, ma mi ha dato una consapevolezza bellissima: le mie radici, ce le ho dentro di me, e me le porto sempre con me – perché alla fine, quella che io sono, di fondo, rimango, ovunque io mi trovi a vivere.
Chi sono i tuoi riferimenti letterari o artistici in generale?
Amo molto la prosa e la poesia contemporanea italiana, e quella in lingua inglese. Per citare alcuni tra quelli che hanno lasciato il segno nel corso degli anni: Alain De Botton, Alessandra Sarchi, Anaïs Nin, Anita Desai, Anne Sexton, Antonella Anedda, Antonia Pozzi, Catherine Lacey, Chandra Livia Candiani, Elena Stancanelli, Enrico Palandri, Francesca Genti, Franco Arminio, Meena Alexander, Oscar Wilde, Paolo Cognetti, Vivian Lamarque. Ispirazione la trovo anche nei movimenti artistici, tra tutti l’Art Nouveau, gli impressionisti e post-impressionisti, e nelle immagini di illustratori contemporanei (una illustrazione di Alessandro Baronciani compare in chiusura di Sofia ha gli occhi).
Sicuramente i lettori di Teatrionline vorranno sapere: qual è il tuo rapporto con il teatro?
Sono cresciuta in un paesino in cui non c’era un teatro. Ed io ero una ragazzina desiderosa di vedere dal vivo le opere teatrali che studiavo a scuola. Invece nella cittadina in cui andavo al liceo, c’era un teatro storico bellissimo, dove gli insegnanti ci portavano ogni tanto, con mia grande gioia. Il ricordo più bello, vedere, in gita a Parigi, la pièce “La cantatrice calva” di Ionesco nel primo teatro in cui è stata messa in scena. Ho sofferto molto di non poter andare a teatro fino a quando sono diventata autonoma, trasferendomi a Venezia, dove c’è lo splendido Teatro Goldoni. Ogni volta che vado a teatro, vivo un’esperienza mistica: io sono su quel palco assieme agli attori. Ho una grande capacità di immedesimazione e coinvolgimento, che sicuramente deriva dal mio legame forte con la lettura e la scrittura:la sensazione è la stessa, di trovarmi dentro una realtà parallela. E, una volta uscita, mi sento bene, appagata, perché ho potuto conoscere nuove storie di vita, e vivere le mie emozioni in piena libertà. Ora amo soprattutto il teatro contemporaneo sperimentale, quello che sa creare l’inaspettato e lo stra-ordinario per lo spettatore, uno straniamento, talvolta estremo, finalizzato alla riflessione critica.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Intendo continuare a scrivere e perfezionare la mia scrittura – sia poetica che professionale. Uno dei miei progetti riguarda il mio blog Biocaffeina, che contiene interviste a personalità interessanti, riflessioni su quel che succede nel mondo, e rubriche curate da esperti in vari settori – con l’intento di fare informazione e promozione culturale a tutto tondo, liberamente accessibile. Conto di fare crescere il blog, farlo diventare una specie di rivista, creando nuove rubriche su nuovi argomenti, con nuovi collaboratori, e portando avanti, dentro il blog, progetti legati alla scrittura autobiografica, altra mia passione che sto coltivando – e che si concilia bene con la natura del blog, incentrato su biografie, storie di vita. Sto poi traducendo una nuova raccolta poetica di Nathalie Handal. Si tratta di un lavoro in simultanea, dove lei scrive in inglese ed io traduco subito in italiano. Così facendo, diamo vita a scambi continui, molto stimolanti, sulla poesia e sulla traduzione, sia sul piano della lingua che della cultura. Alcune poesie stanno per essere pubblicate su Specimen: The Babel Review of Translation e Words without Borders.
Verusca Costenaro è una poetessa colta, sensibile, dallo sguardo smisurato, ha gli occhi della poesia.