Quando da una discarica, da una montagna di spazzatura, Giobbe Covatta dice di aver ritrovato La Divina Commediola, opera del cugino di Dante, tale Ciro, il pubblico comincia a sogghignare, di gusto. Ah, avranno pensato, questa sera rideremo a pieni polmoni. Hanno insieme ragione e torto questi bravi spettatori, rendiamo loro merito per l’intuizione, ma ricordiamo a questa folla pronta a piegarsi dal riso che, con Covatta, pensare è un dovere. Fin troppo facile dirlo, senz’altro, eppure doveroso. La Divina Commediola, se Dante fosse nato all’ombra del Vesuvio è un’opera sui diritti umani, in particolar modo per i diritti dei minori, tema caro al comico campano, che strizza l’occhio tanto al capolavoro del poeta toscano che a quello del celebre attore napoletano, Totò, già, non si inganni nessuno, che l’eco de La livella si sente eccome.
Per Giobbe Covatta – proprio come per Nostro Signore, direte voi – l’inferno è il luogo dell’eterna dannazione. Peccato che, in La Divina Commediola, a scontare la pena siano le vittime e non i peccatori, ché così va il mondo, specie quello che abbiamo deciso si chiamasse in via di sviluppo, con una perifrasi piuttosto ottimista. Perché l’Africa vive nella parole di Covatta e, soprattutto, muore, di qualsiasi male, abbandonata e sporca, eppure senza colpa, innocente. Il comico diverte, lascia cadere qua e là racconti impossibili da dimenticare, ironizza sui luoghi comuni, li divora. Eppure, da una poltrona qualunque del Teatro delle Arti, vediamo l’animo da giullare lasciare spazio alla nobiltà del principe quando, leggendo i passi della Commediola, descrive la fame, la miseria, lo sfruttamento, la malattia. Lo fa senza concedere niente allo spettacolo, l’AIDS è l’AIDS, miei cari, che se ne rida o che se ne pianga, quella rimane. Ci sono gli attacchi a Salvini – “Non temo Salvini in sé, temo Salvini in me” – e ci sono le semplici differenze tra uomo e donna, illustrate allo scopo di mostrare che l’uomo, in una storia orizzontale e verticale, è sempre lo stesso, sempre il medesimo: identici sono i suoi bisogni, identiche le sue ambizioni. Così, del resto, aveva detto Sigmund Freud. Ci siamo fidati di lui. Fidiamoci, senza timore, di un genio che fa luce su tutt’altra disciplina: Giobbe Covatta.