La nostra unica fede è forse il coro più famoso dei tifosi. Quelli disposti a tutto per seguire la propria squadra del cuore, quelli che affrontano trasferte e non si perdono una partita, quelli che aspettano come una liberazione la finale. Marco Mario de Notaris, Giampiero Schiano e Tonino Taiuti sono tre tifosi sul palco del Piccolo Bellini, un telo in trasparenza li divide dal pubblico e dal loro obiettivo: lo stadio. C’è sempre un muro, c’è sempre un ostacolo da superare per chi ha sete di vittoria. I tre sono in perenne attesa, attesa di biglietti che non arrivano, attesa di vivere l’ultima tappa di un percorso. Si fa largo tra i loro racconti la memoria di un anno passato ad inseguire un sogno, ma anche la dipendenza e l’appartenenza, l’avere qualcosa in cui credere, considerare la propria squadra quasi come una famiglia. È un incrocio tra gusto anglosassone e esuberanza partenopea questo “La nostra unica fede” tratto da Keeffe, Hornby, Hooper, Welsh per la regia di Simone Petrella.“In Irvine Welsh si legge la fusione tra problemi della classe operaia e follia per il calcio negli anni ’90, In Barrie Keeffe l’incontro di tre anime in “Abide with me” era tutto intorno al Manchester Utd degli anni ’70, in Nick Hornby l’Arsenal la fa da padrone, ma la passione che anima i protagonisti è comprensibile a tutti”.La fede dei tifosi non conosce confini e che sia il Napoli la squadra del cuore o il Real Madrid poco importa, poiché l’attesa, l’angoscia per una partita si trasforma in ogni dove in travolgente tragi-comicità.